domenica 19 aprile 2015

La passione si chiama "Napoli Mia".

Oggi vi parlo di passione, nello specifico di passione per la cucina. 
Ed è passione quella che si sente subito, sia all'assaggio dei piatti di Antonella Rossi, Chef e Patron del ristotante "Napoli Mia" insieme al marito Corrado Del Gaizo, sia chiacchierando con lei.



 Il ristorante "Napoli Mia", nella nuova veste più calda e moderna rispetto al total white precedente, si trova lungo la Riviera di Chiaia, si attraversa la strada e si è in villa comunale, si fanno giusto 2 passi e ci si ritrova a Via Calabritto e a Piazza dei Martiri, i luoghi chic della città, oppure dal lato opposto nella pur gradevole e ben frequentata San Pasquale.
Un particolare degli interni

Vista sulla Villa Comunale

Antonella Rossi propone la sua idea di cucina legata alla tradizione napoletana e campana in generale, che risulta più "alleggerita" e raffinata. Si spazia dai classici partenopei per ecellenza a piatti di una ricercatezza ed eleganza mai ingombranti. La chef è padrona incontrastata della cucina, dalle sue mani e dalla sua fantasia proviene tutto il menù, dall'antipasto al dolce. Il marito si muove sicuro, premuroso e gentile in sala, pronto a soddisfare le esigenze del cliente e a consigliare il vino giusto per ogni piatto.

C'è molto pesce nella cucina di Antonella, ma non mancano, soprattutto in inverno la "genovese" o il più classico dei ragù, naturalmente preparati con grande maestria. Al momento propone un menù ancora in bilico tra quello invernale e quello primaverile.

Si viene accolti dai meravigliosi pani fatti in casa e da un assaggio di sgombro accompagnato da cipolla rossa: questo pesce azzurro, solitamente grasso, acquista freschezza accompagnato dalla cipolla e da una leggerissima nota piccante.
I pani

Sgombro con cipolla rossa


Passando agli antipasti, sempre più decisa si vede e si "sente" la mano di questa Chef, che dicono autodidatta, ma che nulla ha da invidiare ad alcun collega, anche stellato.
Passatina di ceci di Cicerale, baccalà al sesamo nero e mandorle tostate alla paprika




Forse non proprio un piatto primaverile questo, ma perfetto nell'esecuzione e nell'equilibrio di sapori e consistenze.

  
Tartare di pescato del giorno con zenzero e germogli.






La stessa tartare in versione "Tonno".
Ecco invece un piatto più "leggero" reso ancor più fresco dallo zenzero. 
Per un "qui pro quo" dalla cucina arriva la tartare di coccio al posto di quella di tonno ordinata: l'equivoco si rileva "fortunato", perchè fornisce la scusa per assaggiare entrambe; quella di tonno, risultando più sapida, si rileva più "divertente" al palato.
L'orto con calamari grigliati, salsa tonnata e yogurt.


Il calamaro, appena scottato e tenerissimo, ben si accompagna alle fresche verdure e ai delicati condimenti che mai lo sovrastano.

Dagli antipasti si passa ai primi e qui i piatti diventano ancora più "saporiti" come ama definirli la Chef.
Fettuccella di Gragnano con gamberi rossi e pomodorini del Vesuvio.                        
Il gambero cotto il giusto e il pomodorino danno un gusto delicato esaltato da un pizzico di peperoncino, che mai copre gli altri ingredienti: è questo il sapore che dovrebbe avere un piatto di mare. Ci asteniamo dal fare la "scarpetta" per non far inorridire i ragazzi di sala!
Vermicelli con pesce azzurro, verdure di stagione, colatura di alici e pane aromatizzato al finocchietto.              

  Belli, buoni, gustosi: un'esplosione di sapori con la colatura che aggiunge quel tocco in più. Davvero un bel piatto.

Paccheri con ragù e ricotta.                                            






Un classico della domenica napoletana ma nella versione sontuosa e ricca di Napoli Mia; neanche a dirlo una esecuzione perfetta del ragù napoletano.
La mitica Catalana di astice di Antonella Rossi



Forse uno dei piatti simbolo di questo ristorante: la Catalana di astice. Conoscevo già questo piatto per averlo gustato quando era in carta tra gli antipasti. Rimane un piatto eccellente, ma forse il passaggio nei secondi, a mio modesto avviso, lo penalizza leggermente, poichè ci si arriva dopo un percorso che non consente di apprezzarne fino in fondo la leggerezza e il gusto.

Alcuni dei dolci, neanche a dirlo perfetti, di Antonella.
Il predessert
Cialda di cannolo croccante con mousse di ricotta, arancia candita e pistacchi di bronte

Scomposta di millefoglie con crema di ricotta, miele ed amarena

Intenso piacere al cioccolato fondente, sale Maldon, lamponi e zenzero candito.
La carta dei vini è ricca e ben curata, con una scelta ampia anche nei prezzi.
 
Cosa dire infine su Napoli Mia? 
In un panorama cittadino spesso troppo "turistico", questo è uno dei posti giusti in cui mangiare davvero bene, tra tradizione e innovazione, con un tocco gourmet ma con tanta "sostanza" e tanto sapore nei piatti. Tra i miei ristoranti preferiti in città.

Ristorante "Napoli Mia"
Riviera di Chiaia 269
80121 Napoli 
http://www.ristorantenapolimia.it/public/

domenica 12 aprile 2015

Eat to Eat

                                                                Aprile 2015

Approfitto della recente visita a questo locale per svelare l'altra faccia del mio blog, quella che mi piacerebbe diventasse una caratteristica simpatica e divertente, quantomeno piacevole (sicuramente per me, "costretta" a testare), di questo mio nuovo spazio, ovvero recensire cibo preparato da altri, secondo il mio gusto, senza presunzione di assolutezza. 
Quindi questa consideratela un "battesimo" più che una vera recensione.
L'intenzione era di ritornare da "Eat to Eat" prima di scrivere e pubblicare qualcosa su di loro ma mi riservo di tornare a provare ancora la pizza e perchè no, anche qualche piatto dello chef di cui benissimo mi ha parlato il disponibile titolare del locale, ma impossibilitata a tornare nell'immediato, ho deciso, e non me ne vogliano i diretti interessati, di utilizzare il materiale già raccolto.
Incuriosita da un articolo di Tommaso Esposito e da una chiacchierata con Egidio (Puokemed), quasi incredula del fatto che, eccezion fatta per pochissimi, in questa parte della provincia a nord di Napoli potesse nascere qualcosa che si distaccasse dallo standard locale, caratterizzato solitamente da pizze non degne di nota, decido prima di Pasqua di andare a provare questa pizza. 
Salvatore Impero, pizzaiolo di "Eat to Eat", fa una pizza che si discosta dalla classica pizza napoletana, lontana da quei canoni,  leggeremente più piccola con un cornicione più pronunciato, forse leggermente più spessa. Ed è proprio questo cornicione pronunciato che svela le intenzioni, la ricerca di Salvatore, la sua cura quasi maniacale per l'impasto. Utilizza un blend di farine (altra differenza con la classica napoletana), che cambia periodicamente, lievito madre, alta idratazione e soprattutto lunghe, lunghissime lievitazioni, anche oltre 70 ore. Il risultato? Una buona pizza, in zona forse una delle migliori, con un cornicione ben alveolato, buona cottura e con una cura particolare anche  per le materie prime ultilizzate per farcirla. 

                                               
                                             La margherita di Salvatore Impero


Le pizze in menù, vengono in prevalenza proposte come Pizze Gourmet strizzando l'occhio proprio alla particolarità degli ingredienti e servite sul tagliere già tagliate in spicchi. 
Oltre alla margherita ho provato la "Cetarese" con acciughe di Cetara e pomodorino giallo. Ottimo abbinamento di sapori oltre che bell'aspetto.
Personalmente ho gradito di più la "Cetarese" rispetto alla "Margherita", vuoi per gli ingredienti più accattivanti, vuoi per la mancanza del pomodoro pelato che forse ha penalizzato un pò la cottura e non mi ha convinto pienamente all'assaggio. 


Pizza "Cetarese"

Ancora una pizza sfornata dal "Pizzaiolo Gourmet"

Nel complesso la pizza di Salvatore Impero dell'"Eat to Eat" è una buona pizza, come ho detto lontana dai canoni della pizza classica napoletana e che forse, ma posso sbagliarmi, vuole nella sua ricercatezza restare differente. E se così fosse, sempre secondo il mio parere, questa potrebbe essere una cosa molto positiva e a suo favore.
La ricerca della materia prima è davvero apprezzabile soprattutto nella zona dove, ahimè, certo non sono numerose le pizze eccellenti, nè per impasto nè per ingredienti. Forse il salto di qualità potrebbe essere reso ancora più completo dall'indicazione della "paternità" delle materie prime permettendo a questo locale di allinearsi a già affermate realtà nel mondo delle pizzerie campane. 
Ad accompagnare le pizze, oltre alla cantina, una piccola scelta di birre alla spina.
Tornerò a provare ancora qualche pizza, ad assaggiare qualche altro ingrediente gourmet e magari anche la cucina dello chef, perchè "Eat to Eat", oltre che pizzeria, è anche ristorante e braceria.
Conclusioni: se siete in zona (o non troppo lontano) e volete assaggiare qualcosa di nuovo e diverso, andare a provare la pizza di quello che è stato definito pizzai(u)olo "eretico". È sicuramente una buona scelta.

Salvatore Impero (a sinistra), Pizzaiolo Gourmet, con il suo "aiuto". 

Eat to Eat
Corso Italia, 53
Cardito (NA)
http://www.eattoeat.it/





martedì 7 aprile 2015

La pastiera napoletana

La pastiera napoletana 
Quale migliore argomento potevo utilizzare per inaugurare questa mia nuova pagina se non quello della pastiera, simbolo della Pasqua , almeno per chi, come me, é nato e vive nel sud dell'Italia.
La leggenda attribuisce alla pastiera origini divine o comunque propiziatorie ma quello che noi "mortali" continuiamo a mangiare é un dolce ricco, complesso, o si ama o si odia.
Ricotta, uova, zucchero, grano, spezie, aromi, canditi, tutto mixato per creare uno dei dolci più soddisfacenti al palato. Proprio questa complessità, dovuta ai molteplici ingredienti che si trovano al suo interno, rende spesso difficile trovare un giusto equilibrio nella sua realizzazione. In alcune predomina l'essenza di fiori d'arancio, in altre la ricotta, o a volte la pasta frolla, la fanno da padrone nel gusto del dolce.
La pastiera più buona? Quella in cui tutti gli elementi si fondono, frolla compresa, per raggiungere, appunto, l'equilibrio perfetto. 
Io, dopo avere assaggiato l'originale, faccio la pastiera con la ricetta della mia amica Rosaria Rubino, apportando piccole modifiche dovute in parte al gusto personale. Rosaria cuoce il grano in acqua per garantire al dolce una conservazione più lunga. Io preferisco cuocerlo nel latte, credo conferisca maggiore cremositá al risultato finale. Il burro al posto dello strutto conferisce secondo me un aroma e un gusto ancora più avvolgente.


La pastiera napoletana

Per la pasta frolla
500 gr. di farina 
200 gr. di sugna (io burro)
200 gr. di zucchero 
3 uova 

Per il ripieno
500 gr. di grano
500 gr. di zucchero 
500 gr. di ricotta 
1 cucchiaio di sugna (anche qui burro)
5 uova intere e tre tuorli 
la buccia di limone
1 bustina di vanillina (io bacca di vaniglia)
1 pizzico di cannella 
100 gr. scorzetta d'arancio e zucca candita (al posto della zucca ho usato cedro candito della "mia" Riviera dei cedri)
acqua di fior d'arancio 
Preparo il grano la sera prima di preparare la pastiera. Confesso di utilizzare il grano già pronto in barattolo per semplificare il procedimento. Verso il grano in una capiente pentola, lo ricopro con un mezzo litro di latte, aggiungo un cucchiaio di burro, 1 pizzico di sale, la bacca di vaniglia incisa, 1 pizzico di cannella, la buccia del limone grattugiata, copro e faccio a cuocere a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto, fino a quando il latte non si sará asciugato e il composto risulterà compatto ma cremoso. Lascio raffreddare la crema così ottenuta in un recipiente in cui una volta raffreddata verrà conservata in frigo tutta la notte. La stessa sera passo al setaccio la ricotta e la unisco allo zucchero fino ad ottenere una consistenza bella liscia. Anche questo composto, ben coperto, viene conservato in frigo fino al giorno dopo. 
Il secondo giorno preparo, con gli ingredienti indicati nella ricetta, la pasta frolla che lascerò riposare in frigo fino al momento di assemblare il dolce. 
Si procede infine alla preparazione del ripieno aggiungendo alla ricotta uno alla volta le uova e i tuorli, 1 altro pizzico di cannella, l'acqua di fior d'arancio, i canditi tagliati a pezzetti, la buccia grattugiata di un limone ed infine il grano. 
Stendo la frolla ad uno spessore di 3 o 4 millimetri e copro due teglie di circa 25 cm, conservandone una quantità necessaria a realizzare le strisce per la copertura. 
Verso il ripieno nelle teglie rivestite di frolla, ricopro con le strisce e inforno a 180°C per almeno un'ora e mezza. Tendenzialmente si dice che la pastiera sia pronta quando il ripieno in superficie raggiunge una bella colorazione "marrocino". 

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